domenica 13 settembre 2015

12.09.15 - STAFFETTA DEL SORRISO 2015 - AIUTANDO LUCA



Dopo più di 4 mesi torno a riattaccare un pettorale. L'occasione è stata la partecipazione alla Staffetta del sorriso, una manifestazione organizzata dalla associazione di volontariato
"Andrea e i corsari della maratona".

44 squadre, composte da 4 staffettisti, impegnati ciascuno su un percorso di circa 5 km e mezzo. Per quanto riguarda me posso solo dire che, visti gli ultimi trascorsi e le attuali sensazioni, la corsa mi ha strappato un sorriso e regalato un po' di buonumore.
L'aspetto agonistico è però in questo caso del tutto secondario.

Il solito destino cinico e baro scelse per Andrea un cammino di sofferenza e volle che un tumore cerebrale lo strappasse dalla vita a soli 15 anni.

L'associazione è nata nel 2007 in memoria di Andrea, e i membri, accomunati dalla passione per il podismo e le marce, si impegnano in vari modi a raccogliere fondi per aiutare la ricerca a combattere le forme tumorali che colpiscono i bambini e gli adolescenti.

Un grazie a loro che dedicano se stessi, sapendo mettere da parte i loro problemi, i loro impegni e gli egoismi per regalare il proprio tempo a chi ne ha più bisogno.

indirizzo Facebook dell'associazione






traccia Garmin del percorso

La classifica - staffetta del sorriso 2015



mercoledì 2 settembre 2015

All' Hôtel de Rambouillet..."Correre con il branco"


Recensione di "Correre con il branco" di Mark Rowlands.





Titolo: Correre con il branco.


Autore: Mark Rowlands.


Casa editrice: Arnoldo Mondadori Editore S.p.A, Milano.


Edizione: I edizione settembre 2014, collana "Strade blu".


Prezzo: €18,00 (versione cartacea)


"La corsa è uno degli spazi in cui cessano gli scopi. La corsa, dunque, è una delle cose in grado di rendere la vita degna di essere vissuta"

E' importante che vi siano finalità dietro le nostre azioni? E se ve ne devono essere, quali decono essere considerate "di valore"?


Perchè correte? Onestamente credo che chi risponda a questa domanda con "perchè mi piace" o mente, o non ha mai corso oppure non riesce a esprimere in modo soddisfacente i propri sentimenti. La corsa è sofferenza, come può piacere la sofferenza? Semmai la si può sopportare in vista di un secondo fine. Questo tema dei secondi, dei terzi e dei quarti fini è uno dei temi principali di questo libro. Il professore di filosofia Mark Rowlands conduce una indagine fenomenologica sull'esperienza del correre e difende la tesi che la corsa, accanto ad una serie di valori strumentali, quali il miglioramento di una migliore forma fisica o il raggiungimento di risultati sportivi, ha un valore intrinseco, ossia un valore che vale di per se e non in relazione a ciò che potrebbe procurare.


Per quanto riguarda la sua indagine fenomenologica, Rowlands osserva che il pensiero durante la corsa lunga può attraversare diverse "fasi". All'inizio della corsa, ci troviamo in una fase, definita Spinoziana; siamo pieni di energie, mente e corpo sono una amalgama indivisibile. Non bisogna ancora sforzarsi a pensare di dover correre. Ben presto, però, il corpo si affatica ed emerge il dualismo tra un corpo fisico ed una mente non fisica. Basti pensare a quando si cerca di parlare al proprio corpo, cercando di convincerlo o di ingannarlo a fare un altro passo, questa seconda fase "dualistica" è riconducibile al pensiero Cartesiano . Tuttavia, dopo un po', anche la mente si appanna, il controllo viene meno e i pensieri sembrano danzarci in testa, spuntano dal nulla improvvisamente ed altrettanto scompaiono. Ci si accorge che quando ci si guarda dentro non si trova "se stessi" ma i pensieri, i sentimenti e le emozioni, o più in generale gli stati d'animo. Questa è la fase Humeana. Più ci si inoltra nella corsa e più si attua un processo di dissoluzione del se, la mente passa dal pensiero al nulla, i pensieri si collocano fuori da noi stessi. Tutte le cose assumono un significato particolare solo se vengono interpretate e non hanno un significato in se e per se. Quindi, tutte le cose di cui abbiamo coscienza non significano intrinsecamente qualcosa, al contrario della coscienza; ne deriva che nessuna cosa può far parte della coscienza, ma dal momento in cui io sono la mia coscienza, significa che nulla di cui io sia consapevole può far parte di me. Le cose sono qualcosa per me ma non sono parte di me. Tutto il mondo è fuori di me e quindi si può concludere che la coscienza è nulla. Anche un motivo può significare qualsiasi cosa, perchè assuma qualche significato deve intervenire la mia interpretazione, di conseguenza nei motivi non c'è nulla che colleghi ciò che faccio e il motivo per cui lo faccio, c'è una distanza tra i moventi e le azioni. Le azioni sono sostenute dalle scelte e non dai motivi e sta in ciò, secondo Sartre la libertà. Questa ultima fase si chiama appunto Sartriana.


Tornando al tema principale: ossia quali sono le cose per cui valga la pena correre e più in generale vivere, Rowlands pensa che se ci domandiamo questa atavica domanda, l'unica risposta che troveremmo è "la vita". "Ciò che ha uno scopo esterno a se stesso non potrà mai diventare una cosa per cui vale la pena di vivere: perchè se perseguite questo scopo fino alla sua conclusione logica trovate semplicemente altra vita. C'è una sola via d'uscita da questo circolo tautologico, l'unica perlomeno che io riesca ad individuare: trovare una attività in cui abbia termine la catena degli scopi...in altre parole: una cosa può essere davvero importante nella vita a condizione che non abbia uno scopo esterno a se stessa, cioè che sia inutile per qualsiasi altra cosa....le cose che hanno valore in se sono tutte forme di gioco. E la corsa, almeno per gli umani adulti, è la forma di gioco più antica e semplice che ci sia"




Opinione.


Sarà perchè sto attraversando una fase un po' spirituale ed intimistica ma ho trovato questo libro una lettura incantevole. Dopo gli studi liceali ero rimasto un po' deluso dalla filosofia, questo libro me l'ha fatta riscoprire sotto una luce diversa. Ovvio,  ha un tono molto divulgativo, ma non capisco perchè in filosofia si tenti spesso di fuggire dalla semplicità.


Ho trovato tantissimi spunti interessanti tant'è che non riuscivo a fare a meno di leggere sottolineando, con nessun altro scopo se non quello di sfogare l'emozione quando si agguantano delle verità e dialogare con il libro, come a dirgli "cavolo, sei un grande, ha centrato la questione".


Ecco, sul fatto che la corsa sia uno spazio in cui cessano gli scopi e rende la vita di essere vissuta, io francamente nutro forti dubbi o almeno ne generalizzerei. Non metto in discussione che per l'autore sia così, ma non credo lo sia per me. Corro per tanti scopi, probabilmente uno più infimo dell'altro, e anche se c'è probabilmente la componente  del correre per il correre, temo che sia soverchiata da tutto il resto.


Comunque, ripeto libro delizioso, lo ripeto, delizioso.